Stefano Liberti è stato il relatore dell’ultima R.T.O., quella di Lunedì 10 Aprile u.s.

Stefano ha parlato di tecnica arbitrale, specificatamente di lettura della gara, uno degli aspetti più importanti e difficili da trattare in letteratura arbitrale.

Stefano ha spiegato che ogni gara ha sua anima e che molto dipende dalla sua preparazione: dove andiamo ad arbitrare, in quali strutture, le squadre e la loro posizione in classifica del momento, la distanza geografica delle due società contendenti, le condizioni ambientali particolari, lo studio delle formazioni infatti sono alcuni elementi fondamentali da cui passa la preparazione della designazione. All’arrivo negli spogliatoi un elemento che ci aiuta a leggere la gara prima che essa inizi è il silenzio o il rumore che viene dallo spogliatoio delle squadre poiché il loro comportamento ci dirà molto sul loro approccio alla gara stessa. Una volta fischiato l’inizio, fondamentale è “sintonizzarsi” con il ritmo della gara ovvero con il numero e la qualità degli interventi tecnici, dettati dall’atteggiamento tattico delle due squadre, adottando un equilibrio tecnico ovvero la scelta di un metro che dovrà essere equo da ambo le parti. È sottile la linea tra il “rovinare” e mantenere la gara da parte di un arbitro proprio attraverso il metro tecnico in quanto prendere le decisioni giuste al momento giusto, oppure no, evita di o induce a creare nervosismo nei calciatori e nell’ambiente. Fondamentale capire i momenti cruciali della gara: una buona lettura della gara non può prescindere dalla gestione dei calciatori (e delle proteste di chi tra loro non sempre accetta le decisioni), dalla gestione delle panchine e degli allenatori che spesso alzano il tono della gara (non andando mai nella loro area tecnica e allontanandoli quando è certo l’effetto che l’allontanamento stesso sortirà), dalla gestione del ritmo (la gara è fatta di sotto-gare con ognuna una gestione tecnica e disciplinare diversa dalle altre in base al momento), ed in ultimo dalla gestione dell’episodio (strettamente legata alla preparazione dell’evento). Per quanto concerne la gestione dell’episodio, ad esempio in serie A come ci ha spiegato Stefano, una delle cose fondamentali è la divisione del terreno di gioco in zone tra i componenti della sestina arbitrale e compiti relativi.

Alcuni tra i consigli alla platea Stefano li ha dedicati agli assistenti: per Stefano gli assistenti devono collaborare ma non aiutare, ovvero non dire tutto ciò che si è visto in un determinato momento bensì intervenire quando l’arbitro ha bisogno perché egli non ha potuto controllare una zona del terreno di gioco; la differenza tra un assistente ed un assistente bravo la fa saper collaborare con l’arbitro nel momento in cui lui ha bisogno. Stefano ha spiegato che in serie A laddove esistono gli auricolari l’evento si prepara anche durante la gara attraverso direttive che vengono dall’arbitro che assegna ad esempio le coppie di calciatori da controllare ad assistente e addizionale, ma ciò si può applicare anche in altri contesti privi di auricolari poiché è intuibile qual è il difensore che si stacca e va in attacco e dove è facile intuire che farà fallo, oppure se una difesa durante un calcio piazzato si difenderà a zona o a uomo e quindi se il fallo relativamente sarà alla fine o all’inizio dell’azione, se il fallo sarà una trattenuta o un fallo di mano essendoci più o meno spazio tra attaccante e difendente, alcuni elementi utili a leggere la gara e l’episodio.

Stefano ha concluso il suo intervento con un pensiero che può aiutare tutti, arbitri, assistenti ed osservatori a tutti i livelli, dicendo che l’arbitro dovrebbe focalizzare l’attenzione sui propri aspetti positivi affinché possa lavorarci sopra aggiungendo sempre qualcosa di più fino a fare il 98% della propria prestazione: quando si inizia ad arbitrare, del 100% della prestazione riusciamo a fare bene solo il 50% delle cose, poi piano piano raggiungiamo il 60%, poi sempre col tempo la percentuale aumenta, fino a raggiungere il 98%; il 2% rappresenta l’episodio che poi sarà determinante; quel 98% però, se non ci fosse il pensiero positivo e quindi il lavoro finalizzato al miglioramento dei punti forti che poi vanno a incrementare col tempo inglobando anche i punti negativi, non andrebbe incrementando quella selfconfidence determinante per raggiungere quel 100%! Un pensiero, quello di Stefano, sicuramente apparso a tutti valido e condivisibile.

L’augurio di Stefano a tutta la sua sezione è stato quello di andarsi a prendere ognuno il suo massimo possibile con il proprio pensiero positivo.